No alle forzature contro la Costituzione

Si vuole imporre, con tempi incompatibili con quelli della democrazia, l’approvazione in prima lettura da parte della Camera dei deputati dell’abnorme procedimento di revisione della Costituzione.
La forzatura, già evidente nel disegno di legge che stravolge una essenziale norma di garanzia come l’articolo 138, viene così trasferita anche sul terreno delle procedure parlamentari.
Il taglio dei tempi per l’esame da parte della Camera, già per sé inaccettabile, assume i caratteri di un colpo di mano estivo, con la pretesa di concludere tutto entro il primo agosto. L’assicurazione secondo la quale la Camera “lavorerà anche di notte” trascura un rilevantissimo dato istituzionale politico. Quel che accade in parlamento non è questione interna di una istituzione autoreferenziale. È una vicenda che, incidendo profondamente sulla Costituzione, deve consentire all’opinione pubblica di seguire adeguatamente le discussioni e di far sentire la propria voce. Diventa legittimo, allora, il ricorso da parte delle opposizioni a tutti gli strumenti che possono impedire un esito tanto negativo e che consentono di richiamare l’attenzione dei cittadini. L’ostruzionismo, non dimentichiamolo, nasce come strumento per opporsi alla “tirannia” di una maggioranza.
Quando il sistema democratico è in discussione, alle opposizioni spetta innanzitutto il compito di frenare le derive rischiose, qual è la manipolazione della Costituzione, manipolazione per la quale, da parte degli aspiranti costituenti, si dice che “questa è la buona occasione” (linguaggio e concetto da “colpo grosso”). Ma, alle opposizioni consapevoli delle necessità del momento che viviamo spetta anche proporre e sostenere iniziative virtuose. Poiché oggi gli equilibri istituzionali e politici sono gravemente insidiati dalla mancata riforma della legge elettorale, sarebbe segno di responsabilità che il Movimento 5 stelle, assieme alle altre opposizioni partitiche e a tutti coloro che sono a disagio entro i loro partiti, dichiarassero la loro piena disponibilità per uscire dalla presente situazione di stallo, stabilendo accordi per un’azione comune.

Gaetano Azzariti (Convenzione per la Democrazia costituzionale)

Sandra Bonsanti (Libertà e Giustizia)

Luigi Ferrajoli (Comitati Dossetti)

Raniero La Valle (Comitati Dossetti)

Stefano Rodotà (Convenzione per la Democrazia costituzionale)

Gustavo Zagrebelsky (Libertà e Giustizia)

 

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L’illegittimità della procedura di revisione costituzionale

ferrajoli-011intervista al prof. Luigi Ferrajoli

Professor Ferrajoli ci spiega perché ha firmato l’appello rivolto ai 35 saggi?

Per protestare contro la mancanza di informazioni sui lavori della loro commissione, i quali riguardano niente meno  la riforma della nostra Costituzione. Ben più importante, tuttavia, è sottolineare l’illegittimità dell’intera procedura di revisione, rispetto alla quale l’istituzione della commissione governativa dei saggi è solo un aspetto, tutto sommato marginale.

Perché questa riforma della Costituzione sarebbe illegittima?

Per ragioni di metodo e per ragioni di sostanza. Il primo aspetto di illegittimità investe il costituzionalismo profondo di qualunque democrazia costituzionale e certamente della nostra: l’indebita trasformazione del potere di revisione previsto dall’art.138 Cost., che certamente è un potere costituito, in un potere costituente non previsto dalla Costituzione. La legge costituzionale del 6 giugno prevede invece la riforma dei titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione: in breve, non una revisione ma l’approvazione, inammissibile, di una nuova costituzione. Viene insomma ignorato quello che è un principio fondamentale di grammatica costituzionale: la differenza, formulata da Sieyés più di due secoli fa, tra potere costituito e potere costituente, in forza del quale il primo non può essere trasformato nel secondo dal suo stesso esercizio.  Non è solo un principio giuridico. E’ anche un principio di teoria politica adottato da quasi tutte le costituzioni. Proviamo a pensare come sarebbe accolta negli Stati Uniti l’idea di una riforma dell’intera costituzione, della quale sono possibili, oltre tutto con procedura gravosissima, solo emendamenti: proposti dai due ter­zi dei com­ponenti del Con­gres­so o delle legislatu­re dei vari Sta­ti, e approvati se votati nel primo caso dai tre quarti degli Stati e nel secondo dai tre quarti dei membri di una Convenzione convocata dal Con­gresso. In pochissimi paesi, come la Spagna e la Svizzera, è prevista la revi­sione del­l’intera costitu­zione, ma con pro­ce­dure così la­boriose da renderla quasi impossibile. Insomma  il potere costituente equivale alla sovranità, che “appartiene al popolo”, come dice l’art.1 della Costituzione, violato anch’esso dalla prospettata emanazione di una nuova costituzione. Continua a leggere

La gestione dell’acqua: un’opportunità? una sfida? o, per caso, un furto?

Roma, 9 luglio 2013

Sulla questione dell’acqua a Gaza e in Palestina riceviamo questa lettera di Patrizia Cecconi presidente dell’associazione Amici della Mezzaluna Rossa palestinse

Mentre in Italia la società civile si batte per far rispettare in forma e sostanza i risultati referendari relativi alla gestione dell’acqua pubblica, scopriamo che ACEA, FederUtility, NCTM, in bell’accordo con Ambasciata israeliana e WATEC (l’ente israeliano che ha l’obiettivo di sviluppare investimenti e commercio tra USA e Israele) organizzano a Roma, il prossimo 16 luglio, una passerella a supporto del progetto di sfruttamento dell’acqua in una logica di puro profitto e, nel caso israeliano, a servizio di una più profittevole e razionale utilizzazione dell’acqua sottratta ai palestinesi. In Cisgiordania, ovvero in una parte di quello che andrebbe definito Stato di Palestina – come riconosciuto dall’Onu del novembre 2012 – Israele controlla la totalità delle acque dolci e circa il 90% delle falde acquifere montane. Tutte appartenenti allo Stato di Palestina, tutte sfruttate dallo Stato di Israele. Dalla società civile palestinese arriva anche quest’anno la richiesta ai movimenti europei di mobilitarsi e far pressione sui propri governi affinché non sostengano Israele nelle sue continue violazioni, compresa quella di privare il popolo palestinese, tanto a Gaza che in Cisgiordania, della giusta fruizione dell’acqua potabile. Nel 2011 la campagna “SETE DI GIUSTIZIA” aveva l’obiettivo di mobilitare le persone di coscienza perché chiedessero ai loro governi di far pressione su Israele.

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Associazione per la Democrazia Costituzionale e

  i Comitati Dossetti  per la Costituzione

Caro Senatore,

Questa settimana è fissata la discussione del disegno di legge Costituzionale n. 813, recante “Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali”, che giunge in aula, dopo essere stato esaminato con procedura d’urgenza dalla Commissione Affari costituzionali, che, per accelerare i tempi lo ha licenziato in seduta notturna. Tanta fretta non è sintomo di efficienza e non è giustificata dalla materia trattata, che ha per oggetto l’instaurazione di una procedura straordinaria per la revisione costituzionale, in deroga all’art. 138 Cost., allo scopo di agevolare una revisione profonda della Costituzione che investe i titoli I, II, III e V della Parte seconda, ma può estendersi anche alle garanzie giurisdizionali  e costituzionali (titolo IV e VI) ed alla prima Parte.

La Costituzione non è una questione che possa essere trattata con somma urgenza come avviene per le leggi finanziarie, le cui correzioni possono essere imposte da situazioni contingenti e di mercato. Le Costituzioni non sono un puro atto di diritto positivo imposto comunque da un legislatore: esse nascono da un processo storico, sono memoria e progetto e, come tali, definiscono l’identità di un popolo, di una comunità politica organizzata in Stato. La nostra Costituzione porta dentro di sé la memoria di 100 anni di storia italiana, nel bene e nel male; contempla le ferite del fascismo, il suo ripudio attraverso la lotta di liberazione e realizza le garanzie perchè il fascismo non venga più riprodotto, attraverso una tecnica di equilibrio dei poteri che impedisce ogni forma di dittatura. La Costituzione italiana è stata forgiata in quel “crogiolo ardente” rappresentato dall’evento globale costituito dalla seconda guerra mondiale e porta l’impronta di uno spirito universale. Continua a leggere

Il metodo (sbagliato) della riforma. Note critiche al d.d.l. cost. n. 813 Sen

Costituzionalismo.it

FASCICOLO 1 | 2013

4 luglio 2013

di Alessandro Pace Professore emerito di Diritto costituzionale – Università “La Sapienza” di Roma

1. Se si parte dall’idea secondo cui la previsione di uno speciale procedimento di revisione costituisce la conferma, ma non il fondamento, della rigidità costituzionale[1] – la cui causa va piuttosto individuata nella superiorità della costituzione stessa su tutti gli atti che compongono l’ordinamento, così come formalizzata in uno o più documenti ufficiali[2] -, la disciplina del procedimento per la revisione di una costituzione scritta e rigida non può che spettare alla costituzione stessa, esplicando, tale procedimento, la funzione di garantirne la rigidità[3] sotto un triplice aspetto.

In primo luogo la previsione di un procedimento speciale (aggravato) di revisione evita la fragilità politica delle costituzioni scritte che altrimenti sarebbero assolutamente immodificabili[4], e quindi potrebbero essere modificate solo con la violenza[5]. In secondo luogo la previsione di un procedimento speciale garantisce la relativa stabilità delle preesistenti regole scritte della costituzione[6]. Infine il procedimento aggravato non esclude, ma solo limita, il principio rousseauiano che ogni generazione deve essere in grado di affrontare tutte le decisioni fondamentali richieste dalle circostanze del tempo[7] (che però nelle costituzioni del secondo dopoguerra non di rado incontra limiti assoluti in nome di valori che si assumono eterni o comunque politicamente insopprimibili[8]).

L’individuazione del «punto di equilibrio tra quanto, del “vecchio”, deve comunque essere conservato (le norme assolutamente irrivedibili) e la disponibilità, più o meno ampia, all’apertura verso il “nuovo”» [9] spetta quindi, in esclusiva, alla Costituzione. Sostenere il contrario -e cioè che la scelta tra le infinite variabili di tempo, di contenuto e di procedimento spetti alle stesse leggi di revisione -, significherebbe che “norme supreme” nel nostro ordinamento sono le leggi di revisione[10] e non la Costituzione.

2. Di qui talune conseguenze d’ordine strutturale.

a) La prima conseguenza è l’inderogabilità delle norme sulla revisione. Una cosa infatti è la deroga di una norma (sostanziale o procedimentale), altra cosa è la deroga se riferita al procedimento di revisione costituzionale. Nel primo caso la deroga opera come un’eccezione alla regola[11]: esplica cioè conseguenze su una determinata fattispecie a favore o contro uno o più soggetti. Nel caso del procedimento di revisione costituzionale la deroga puntuale (o, come suole dirsi, una tantum) esplica invece indirettamente effetti permanenti per tutti i cittadini, attuali e futuri. Pertanto il rapporto eccezione-regola qui non spiega alcun rilievo. Le norme sulla revisione costituzionale sono fonti “sulla” produzione normativa condizionanti il modo di formazione (e quindi il contenuto stesso) delle fonti “di” produzione, e cioè le eventuali future norme sulla forma di governo, sul numero dei parlamentari, sul bicameralismo, sui rapporti Stato-Regioni ecc. che a loro volta avranno una portata generale e che, ciò nonostante, verrebbero approvate secondo una procedura contrastante con quella prevista dall’art. 138. Continua a leggere