VINTA LA BATTAGLIA CONTRO LA LEGGE GRIMALDELLO

La politica non è fatta solo di sconfitte e ciò è tanto più esaltante quando a vincere è la Costituzione. Ancora una volta la Costituzione ha vinto e l’art. 138 che la presidia è salvo. Il governo infatti ha abbandonato il disegno di legge di modifica costituzionale che derogando all’art. 138 apriva la strada a una manomissione incontrollabile della Carta. In questo modo la battaglia per la difesa dell’art. 138, e contro quella che abbiamo chiamato “legge grimaldello”, cominciata con la grande manifestazione popolare di Bologna del 2 giugno scorso promossa da Libertà e Giustizia, e con il documento di denuncia dei Comitati Dossetti per la Costituzione del 10 giugno aperto alla firma dei cittadini, è stata vinta. Già alla terza votazione al Senato il disegno di legge 813 di modifica passava con soli 4 voti in più della soglia dei due terzi sotto la quale sarebbe stato possibile il referendum confermativo; poi, con la nuova situazione politica, venendo meno la certezza dei due terzi alla Camera, il governo ha deciso di lasciar cadere il disegno di legge contestato e di restituire le eventuali riforme costituzionali alla procedura normale e costituzionalmente corretta. In tal modo la Costituzione non è più esposta alle manomissioni di una maggioranza indecente come quella che aveva fatto della “nuova Costituzione in 18 mesi” il suo cavallo di battaglia e lo strumento della propria sopravvivenza governativa. Di conseguenza per la salvaguardia della Costituzione oggi non è più necessaria la caduta del governo Letta.

Naturalmente anche questo non è un successo definitivo. La nostra Costituzione è troppo bella perché non si ripetano i tentativi di sovvertirla. Perciò resteremo vigilanti, pronti ad assecondare quei cambiamenti che possano renderla più funzionante e meglio capace di garantire e promuovere i diritti e le libertà di tutti.

Un ringraziamento va a tutti quelli che hanno lottato in questi mesi per la difesa della legalità costituzionale.

Raniero La Valle

Presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione

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PER UNA LEGGE ELETTORALE RAPPRESENTATIVA

Associazione per la Democrazia Costituzionale 

Comitati Dossetti  per la Costituzione

Al Presidente del Senato

Sen. Pietro Grasso

Al Presidente della Camera dei Deputati

on. Laura Boldrini

Ill.mo Presidente,

la recente decisione della Corte Costituzionale che, accogliendo i rilievi sollevati dalla Corte di Cassazione, ha dichiarato incostituzionale il “porcellum”, dimostra la lungimiranza dei padri costituenti che hanno armato la fragile democrazia riconquistata a prezzo della lotta di liberazione con robuste istituzioni di garanzia: la magistratura indipendente e la Corte Costituzionale che, in questo caso, sono riuscite ad intervenire e a sanare la ferita più grave che un sistema politico impazzito aveva inferto alla democrazia costituzionale. Le leggi elettorali hanno un influsso immediato e diretto su quel principio supremo della Costituzione che attribuisce la sovranità al popolo determinando la qualità della democrazia rappresentativa ed i suoi limiti. Esse danno contenuto al sistema politico e realizzano la Costituzione vivente con riferimento alla forma di governo, alla forma ed alla natura dei partiti politici ed alla possibilità dei cittadini di concorrere a determinare la politica nazionale (art. 49 Cost.). L’esperienza storica ci insegna che lo Statuto Albertino è stato distrutto dalla legge Acerbo, che ha consentito a Mussolini di prevaricare sull’opposizione ed assicurarsi la fedeltà di un Parlamento ridotto ad un bivacco di manipoli. Nel 2005 con la legge Calderoli è stato introdotto un sistema elettorale molto simile alla legge Acerbo, in virtù del quale è stato fatto un ulteriore passo, dopo l’introduzione del maggioritario nel 1993, per una svolta in senso oligarchico del sistema politico, comprimendo il pluralismo attraverso la tagliola delle soglie di sbarramento e del premio di maggioranza, e consentendo ad una ristrettissima cerchia di capi di partito di determinare per intero la composizione  delle Camere, “nominando” i rappresentanti del popolo, senza che il corpo elettorale potesse mettervi becco. Questo sistema elettorale ha favorito una evoluzione in senso “castale” del sistema politico rappresentativo, tanto che nel senso comune coloro che dovrebbero essere i rappresentanti dei cittadini vengono percepito come una “casta”, cioè un corpo estraneo, portatore di interessi suoi propri, contrapposti al corpo elettorale di cui dovrebbero essere espressione. La sentenza della Corte Costituzionale interviene a sanare questo vulnus alla democrazia poiché sancisce con autorità di giudicato, che i sistemi elettorali, seppur dominio riservato del Parlamento, devono essere coerenti con l’impianto costituzionale, che prevede che il voto deve essere libero (il che significa possibilità di scegliere più proposte politiche) ed uguale (il che significa che non ci deve essere un quoziente di maggioranza e uno di minoranza, come prevedeva la legge Calderoli) e conseguentemente le assemblee parlamentari  devono essere rappresentative della pluralità di interessi, bisogni e domande presenti nel corpo elettorale e nella società italiana; ciò non è compatibile con il rifiuto pregiudiziale avanzato in questi giorni, non solo nei riguardi del principio della proporzionale ma anche di ogni sua più duttile attuazione. E’ compito precipuo del Parlamento mettere a confronto le diverse domande politiche e realizzare una sintesi che consenta un governo autorevole ed efficiente. Continua a leggere

Un manifesto di economia democratica

Papa Francesco: dallo sfruttamento all’esclusione.

Pubblichiamo questo stralcio della lettera di papa Francesco “Evangelii Gaudium” del 24/11/2013 che potrebbe essere un manifesto di economia democratica.

I. Alcune sfide del mondo attuale

52. L’umanità vive in questo momento una svolta storica che possiamo vedere nei progressi che si producono in diversi campi. Si devono lodare i successi che contribuiscono al benessere delle persone, per esempio nell’ambito della salute, dell’educazione e della comunicazione. Non possiamo tuttavia dimenticare che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo vivono una quotidiana precarietà, con conseguenze funeste. Aumentano alcune patologie. Il timore e la disperazione si impadroniscono del cuore di numerose persone, persino nei cosiddetti paesi ricchi. La gioia di vivere frequentemente si spegne, crescono la mancanza di rispetto e la violenza, l’inequità diventa sempre più evidente. Bisogna lottare per vivere e, spesso, per vivere con poca dignità. Questo cambiamento epocale è stato causato dai balzi enormi che, per qualità, quantità, velocità e accumulazione, si verificano nel progresso scientifico, nelle innovazioni tecnologiche e nelle loro rapide applicazioni in diversi ambiti della natura e della vita. Siamo nell’era della conoscenza e dell’informazione, fonte di nuove forme di un potere molto spesso anonimo.

No a un’economia dell’esclusione

53. Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma  di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”. Continua a leggere