RICORDANDO PIAZZA FONTANA

Ricorrendo i 45 anni dalla strage di piazza Fontana, pubblichiamo questo articolo di Franco Astengo in cui si avanzano notizie e ipotesi atte a riaprire la riflessione e l’analisi su quanto è accaduto in Italia nell’ultimo mezzo secolo dietro le quinte della storia ufficiale della Repubblica.

A QUARANTACINQUE ANNI DA PIAZZA FONTANA: TERRORISMO E DEMOCRAZIA ITALIANA di Franco Astengo

Tra pochi giorni, il 12 Dicembre, ricorreranno quarantacinque anni dalla strage di Piazza della Fontana, snodo fondamentale nella storia della democrazia italiana.

Sarà del tutto naturale il presentarsi, nel campo della pubblicistica e dell’analisi storico-politica, di tutta una serie di importanti riflessioni su quell’avvenimento e sui  tragici fatti che seguirono negli anni che furono definiti “di piombo”.

In questo intervento si cercherà di rispondere a una domanda: nell’intento di attaccare al cuore la democrazia italiana perché, rispetto al terrorismo, hanno ottenuto maggiori risultati gli attori del sistema politico riducendola ormai a un brandello di simulacro?

Per quindici anni l’Italia è apparsa al mondo intero immersa in una crisi caratterizzata dal succedersi di stragi e atti terroristici che hanno provocato più di 360 vittime e circa 4.500 feriti.

Sono stati gli anni che si collocano storicamente tra l’emergere della contestazione studentesca e delle lotte operaie e lo stabilizzarsi della situazione politica con l’ascesa al potere del leader socialista Bettino Craxi, alla guida di una coalizione di pentapartito che resse fino al crollo del vecchio sistema politico nei primi anni’90: crollo del sistema dovuto all’implosione die partiti storici causata da tre fattori concomitanti, l’approdo europeo attraverso il trattato di Maastricht, “Tangentopoli”, la caduta del muro di Berlino. Continua a leggere

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I DISCORSI DI PAPA FRANCESCO ALL’EUROPA

I DISCORSI DI PAPA FRANCESCO ALL’EUROPA  

Strasburgo, Martedì, 25 novembre 2014

Al Parlamento Europeo

Signor Presidente, Signore e Signori Vice Presidenti,
Onorevoli Eurodeputati,
Persone che lavorano a titoli diversi in quest’emiciclo,
Cari amici,

vi ringrazio per l’invito a prendere la parola dinanzi a questa istituzione fondamentale della vita dell’Unione Europea e per l’opportunità che mi offrite di rivolgermi, attraverso di voi, agli oltre cinquecento milioni di cittadini che rappresentate nei 28 Stati membri. Particolare gratitudine, desidero esprimere a Lei, Signor Presidente del Parlamento, per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto, a nome di tutti i componenti dell’Assemblea.

La mia visita avviene dopo oltre un quarto di secolo da quella compiuta da Papa Giovanni Paolo II. Molto è cambiato da quei giorni in Europa e in tutto il mondo. Non esistono più i blocchi contrapposti che allora dividevano il continente in due e si sta lentamente compiendo il desiderio che «l’Europa, dandosi sovranamente libere istituzioni, possa un giorno estendersi alle dimensioni che le sono state date dalla geografia e più ancora dalla storia»[1].

Accanto a un’Unione Europea più ampia, vi è anche un mondo più complesso e fortemente in movimento. Un mondo sempre più interconnesso e globale e perciò sempre meno “eurocentrico”. A un’Unione più estesa, più influente, sembra però affiancarsi l’immagine di un’Europa un po’ invecchiata e compressa, che tende a sentirsi meno protagonista in un contesto che la guarda spesso con distacco, diffidenza e talvolta con sospetto. Continua a leggere

Alla Leopolda e al “vecchio Sinodo”

Pubblichiamo l’intervento tenuto da Raniero La Valle il 30 ottobre 2014 all’assemblea tenutasi nella Sala delle Colonne della Camera dei Deputati sul tema: “Riforme istituzionali e legge elettorale: innovazione o restaurazione?

Sono state fatte qui molte e decisive critiche alla nuova Costituzione che è in gestazione alla Camera. Ma chi le ha fatte non è stato alla Leopolda. Se infatti fosse andato alla Leopolda avrebbe avuto la rivelazione, sarebbe caduto da cavallo e avrebbe capito che tutto quello che si è pensato fin qui era sbagliato. Un testimone oculare, il costituzionalista Stefano Ceccanti, ha riferito che alla Leopolda erano presenti giovani di tutta Italia, soprattutto tra i 25 e i 35 anni, “quasi tutti universitari o laureati, con una forte propensione all’intervento in pubblico e con una cultura consolidata di sinistra liberale. Indistinguibili le provenienze familiari, le culture originarie, la linea di frattura per appartenenza religiosa. Se parlassimo loro di queste cose, per loro irrilevanti, sarebbe come parlare di Jurassik Park. Da questo punto di vista l’attuale configurazione dei sindacati che risale alla Guerra Fredda mi sembra che per loro rientri in questa categoria”.

Dunque secondo osservatori che vi erano presenti, alla Leopolda si sarebbero smaltite, come reperti da rottamare, famiglie, culture e religioni. Sono cose da reduci, da mangiatori di gettoni e fotografi non digitali. Per quelli per cui “il futuro è solo un inizio” provenienze familiari, vecchie culture e identità religiose sono irrilevanti. E perciò sono anche obsolete tutte le lotte che si sono fatte o si possono fare per queste cose.

Questo a Firenze. Ma da Roma è venuta una grande risposta. La risposta che ci sono e sono ben vivi quanti “subiscono l’ingiustizia ma anche lottano contro di essa”; è venuta la risposta che il lavoro ha una dignità, per cui “non esiste peggiore povertà materiale”che la mancanza di lavoro; che in Italia i giovani disoccupati sono più del 40 per cento, e questo vuol dire “annullare un’intera generazione” per riequilibrare un sistema in crisi che mette il denaro e i profitti al di sopra dell’uomo; che non si può affrontare questo scandalo con “strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi” e che invece “dobbiamo cambiare il sistema, vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno”, che occorre “continuare la lotta”. Continua a leggere