Montenegro: “Tante bibbie e corani sui barconi”

L’arcivescovo di Agrigento esorta a “riconoscere Cristo nei migranti”, altrimenti “saremmo degli atei”

Roma, 26 Agosto 2015 (ZENIT.org)

“L’emigrazione non è il male, ma il sintomo dell’ingiustizia che esiste nel mondo. Soltanto quando riusciremo ad eliminare l’ingiustizia, l’emigrazione diminuirà”. Queste le parole del cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, durante una conversazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Nel novembre 2013 il porporato ha preso parte ad un incontro organizzato da ACS a Bruxelles al fine di descrivere ai rappresentanti dell’Unione europea il contesto in cui si era verificata la tragedia di Lampedusa, in cui hanno perso la vita oltre 300 persone. A distanza di due anni, la condizione dei molti profughi che giungono sulle nostre coste continua a peggiorare.

“La situazione sempre più grave – racconta l’arcivescovo ad ACS – perché sempre più gente è costretta a fuggire”. Se qualche hanno fa erano più che altro ragioni economiche a spingere migliaia di persone a cercare una vita migliore in Italia e in Europa, oggi il viaggio attraverso il Mediterraneo avviene per un maggior numero di motivazioni, quali “la guerra, la fame e la persecuzione religiosa”. Continua a leggere

Pubblicità

Il nome della cosa

di Raniero La Valle – da Il Manifesto, 8-8-2015

Papa Fran­ce­sco aveva già detto, dopo un’ennesima strage di migranti al largo di Lam­pe­dusa: «È una ver­go­gna». Que­sta ver­go­gna non ha fatto che ripe­tersi, per mesi, e c’è anche qual­cuno che si ral­le­gra per­ché l’Europa adesso mostre­rebbe un po’ più di sen­si­bi­lità, c’è per­fino una nave irlan­dese che par­te­cipa alle ope­ra­zioni di tumu­la­zione nel Medi­ter­ra­neo di cen­ti­naia e cen­ti­naia di pro­fu­ghi, men­tre una parte ne salva.

Intanto la Fran­cia sigilla la fron­tiera di Ven­ti­mi­glia, l’Inghilterra sta­bi­li­sce una linea Magi­not all’ingresso dell’Eurotunnel della Manica, l’Ungheria alza un muro e l’Italia è tutta con­tenta per­ché ha posto fine all’unica cosa buona che era riu­scita a fare, l’operazione «Mare Nostrum», ed è rien­trata nei ran­ghi dell’Europa per­ché sia chiaro che la vita negata ai pro­fu­ghi non è una scelta solo dell’Italia, ma è un sacri­fi­cio col­let­tivo che tutta l’Europa offre a se stessa avendo ces­sato di essere umana.

Ed ecco che il papa Fran­ce­sco dà il nome alla cosa: respin­gere i pro­fu­ghi è guerra, e cac­ciare via da un Paese, da un porto, da una sponda i migranti abban­do­nati al mare, è vio­lenza omicida.

Lo dice nell’anniversario del delitto fon­da­tore di que­sta fase della moder­nità, lo dice nei giorni di Hiro­shima e Nagasaki.

Quando aveva denun­ciato che la guerra mon­diale non era finita, per­ché nella glo­ba­liz­za­zione si sta com­bat­tendo una guerra mon­diale «a pezzi», era sem­brato che par­lasse per meta­fore; ma oggi mette le cose in chiaro: la guerra è que­sta, i garan­titi con­tro i dispe­rati, un mondo che voleva abo­lire le fron­tiere e ne ha alzate altre più spie­tate e inva­li­ca­bili, con­tro un’umanità senza patria né asilo che invano cerca salvezza.

E se è una guerra, una guerra non dichia­rata e non tute­lata da alcun diritto, nem­meno uma­ni­ta­rio, gli atti che vi si com­piono sono cri­mini di guerra. E que­sto vale per le vit­time in fuga dalla Bir­ma­nia nell’Oceano Indiano, a cui il papa spe­ci­fi­ca­mente si rife­riva, e vale per le vit­time che non rie­scono ad attra­ver­sare senza soc­com­bere la fossa comune del Mediterraneo.

Sono mesi e mesi che i siti non­vio­lenti, paci­fi­sti, o sem­pli­ce­mente umani, denun­ciano que­sti delitti per­pe­trati dai governi euro­pei, com­preso il nostro, sol­le­ci­tano appelli e firme dei cit­ta­dini per­ché ci si risolva a dare l’unica solu­zione vera al pro­blema, che è quella di aprire le fron­tiere, rico­no­scere l’antico diritto umano uni­ver­sale di migrare, per­met­tere ai pro­fu­ghi e ai fug­gia­schi di viag­giare al sicuro su treni, navi e aerei di linea. E sono mesi che siti nostal­gici e inte­gra­li­sti, invi­diosi di papa Fran­ce­sco, cer­cano di scre­di­tarlo lamen­tan­done la popo­la­rità, e ral­le­gran­dosi se quando parla ai poveri e ai movi­menti popo­lari, come ha fatto in Boli­via, il mondo per bene con i suoi media nean­che lo ascolta.

La verità è che papa Fran­ce­sco è l’unico che oggi ha parole all’altezza del dramma sto­rico che stiamo vivendo. Gli scar­tati della terra sono i veri sog­getti sto­rici attorno a cui si deve costruire la nuova con­vi­venza, sono il ful­cro dell’umanità di domani. E la giu­sti­zia e il diritto devono garan­tire la «casa comune» e tutti i suoi abi­tanti, a comin­ciare dal diritto a vivere, a pren­dere terra, a ripo­sarsi sotto qual­siasi sole. Que­sto dice il papa, e non è una cosa impos­si­bile, è solo una cosa non ancora avvenuta.
Raniero La Valle

Le amnesie dell’ex presidente

di Massimo Villone, Il Manifesto, 07.08.2015

Napolitano scende in campo e difende a spada tratta le riforme, nel metodo e nel merito, con una lettera al Corriere della Sera. Tutto bene, è impossibile tornare indietro, avanti tutta. In particolare sul senato non elettivo, visto come scelta imprescindibile. Capiamo bene che difendendo la proposta in discussione Napolitano difende se stesso, essendone stato da capo dello Stato artefice. Tutti ricordiamo le sue ripetute esternazioni sulle «necessarie riforme». E rispettiamo la sua scelta di interpretare come ha fatto il ruolo di presidente della Repubblica.
Vorremmo ricordasse, però, che l’interpretazione avrebbe potuto essere diversa. E che una parte non insignificante del paese pensa che avrebbe dovuto essere diversa. E che un senatore a vita ex presidente della Repubblica ha un onere di rappresentanza intrinsecamente più ampio di quello che cade su un qualsiasi uomo di partito, e di parte.
Vorremmo che Napolitano ricordasse che siamo già in campagna referendaria. L’ha lanciata Renzi, che anzi l’ha giocata dal primo momento come un plebiscito su se stesso. Come accade nelle corse ciclistiche, vediamo ora partire la volata, con l’occasione volta a mettere nell’angolo le voci dissidenti nella fase conclusiva dei lavori parlamentari.
Vorremmo ricordasse che anzi sarà una battaglia plebiscitaria. Ne vediamo le argomentazioni rozze, semplificate, e qualcuno direbbe almeno in parte mendaci. Così accade quando Renzi dice che è cruciale togliere l’indennità ai senatori, senza dire che i costi diversi dell’istituzione — immobili, servizi, personale — rimangono comunque, e sono la parte di gran lunga prevalente. E che dunque maggiori risparmi si avrebbero riducendo in parallelo il numero dei componenti di ciascuna camera. Ancora è così quando si dice che un senato di seconda scelta è indispensabile a superare i bicameralismo paritario, occultando il fatto che bene – e anzi meglio — si potrebbe superarlo mantenendo l’elezione diretta dei senatori. Continua a leggere