Il metodo (sbagliato) della riforma. Note critiche al d.d.l. cost. n. 813 Sen

Costituzionalismo.it

FASCICOLO 1 | 2013

4 luglio 2013

di Alessandro Pace Professore emerito di Diritto costituzionale – Università “La Sapienza” di Roma

1. Se si parte dall’idea secondo cui la previsione di uno speciale procedimento di revisione costituisce la conferma, ma non il fondamento, della rigidità costituzionale[1] – la cui causa va piuttosto individuata nella superiorità della costituzione stessa su tutti gli atti che compongono l’ordinamento, così come formalizzata in uno o più documenti ufficiali[2] -, la disciplina del procedimento per la revisione di una costituzione scritta e rigida non può che spettare alla costituzione stessa, esplicando, tale procedimento, la funzione di garantirne la rigidità[3] sotto un triplice aspetto.

In primo luogo la previsione di un procedimento speciale (aggravato) di revisione evita la fragilità politica delle costituzioni scritte che altrimenti sarebbero assolutamente immodificabili[4], e quindi potrebbero essere modificate solo con la violenza[5]. In secondo luogo la previsione di un procedimento speciale garantisce la relativa stabilità delle preesistenti regole scritte della costituzione[6]. Infine il procedimento aggravato non esclude, ma solo limita, il principio rousseauiano che ogni generazione deve essere in grado di affrontare tutte le decisioni fondamentali richieste dalle circostanze del tempo[7] (che però nelle costituzioni del secondo dopoguerra non di rado incontra limiti assoluti in nome di valori che si assumono eterni o comunque politicamente insopprimibili[8]).

L’individuazione del «punto di equilibrio tra quanto, del “vecchio”, deve comunque essere conservato (le norme assolutamente irrivedibili) e la disponibilità, più o meno ampia, all’apertura verso il “nuovo”» [9] spetta quindi, in esclusiva, alla Costituzione. Sostenere il contrario -e cioè che la scelta tra le infinite variabili di tempo, di contenuto e di procedimento spetti alle stesse leggi di revisione -, significherebbe che “norme supreme” nel nostro ordinamento sono le leggi di revisione[10] e non la Costituzione.

2. Di qui talune conseguenze d’ordine strutturale.

a) La prima conseguenza è l’inderogabilità delle norme sulla revisione. Una cosa infatti è la deroga di una norma (sostanziale o procedimentale), altra cosa è la deroga se riferita al procedimento di revisione costituzionale. Nel primo caso la deroga opera come un’eccezione alla regola[11]: esplica cioè conseguenze su una determinata fattispecie a favore o contro uno o più soggetti. Nel caso del procedimento di revisione costituzionale la deroga puntuale (o, come suole dirsi, una tantum) esplica invece indirettamente effetti permanenti per tutti i cittadini, attuali e futuri. Pertanto il rapporto eccezione-regola qui non spiega alcun rilievo. Le norme sulla revisione costituzionale sono fonti “sulla” produzione normativa condizionanti il modo di formazione (e quindi il contenuto stesso) delle fonti “di” produzione, e cioè le eventuali future norme sulla forma di governo, sul numero dei parlamentari, sul bicameralismo, sui rapporti Stato-Regioni ecc. che a loro volta avranno una portata generale e che, ciò nonostante, verrebbero approvate secondo una procedura contrastante con quella prevista dall’art. 138. Continua a leggere

Le storture della legge grimaldello

COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI

SENATO DELLA REPUBBLICA 

venerdì 21 giugno 2013 

AUDIZIONE INFORMALE

CONCERNENTE LA PROCEDURA STRAORDINARIA

PER LA REVISIONE DELLA PARTE SECONDA, TITOLI I, II, III e V

DELLA COSTITUZIONE

 PREVISTA DAI DISEGNI DI LEGGE COSTITUZIONALI NN. 813 e 343

 

Audizione del prof. Alessandro Pace, presidente dellAssociazione Salviamo la Costituzione: aggiornarla non demolirla

Ringrazio il Presidente sen. Anna Finocchiaro dell’onore che mi ha fatto invitandomi a questa importante audizione su temi a me particolarmente cari, avendo ad essi dedicato anni di ricerche. Cercherò, ciò nondimeno, di ricorrere a tecnicismi giuridici solo dove strettamente necessari.

D’altra parte l’importanza dei temi in discussione – la modifica dei fondamenti giuridici del nostro sistema – implica e anzi pretende che non si usino parole in libertà, e che vi sia quindi la piena consapevolezza da parte di tutti di ciò che il Parlamento si accinge a compiere.

I

1. Detto ciò, non posso non sottolineare anche in questa sede prestigiosa – dopo averlo fatto in sede scientifica con riferimento alle leggi costituzionali n. 1 del 1993 e n. 1 del 1997 – la gravità del vizio di costituzionalità che si cela dietro le formule «procedura straordinaria per la revisione», «deroga una tantum» o «procedimento speciale derogatorio». Continua a leggere