PER UN PARLAMENTO COSTITUENTE A BRUXELLES

ASSEMBLEA PROMOSSA DA ECONOMIA DEMOCRATICA – SBILANCIAMOCI – COMITATI DOSSETTI PER LA COSTITUZIONE

 Roma 12 aprile 2014 ore 10,00 al Centro Congressi di Via dei Frentani 4

 EGUAGLIANZA E INCLUSIONE IN ITALIA E IN EUROPA  

     Le elezioni per il Parlamento europeo avvengono nel segno di un rovesciamento. Il sogno dell’Europa unita si sta trasformando in un incubo. In Grecia le famiglie devono scegliere se comprare la luce, il cibo o le medicine. In Italia imprenditori si suicidano perché nessuno paga i loro crediti. In Francia e in altri Paesi fondatori della Comunità europea il principale emigrante è diventato il lavoro, che va dove è più abbondante ed è meno pagato e non ha alcun diritto. L’ideale politico dell’Europa unita, che avrebbe dovuto realizzarsi col superamento degli Stati nazionali e l’instaurazione della pace, è naufragato in un arretramento della politica che ha ceduto all’economia, alla finanza e al denaro, nel frattempo diventato euro, il governo della società e la sovranità che dai popoli europei avrebbe dovuto passare al popolo dell’Europa.

In questo contesto le politiche antisociali di rigore imposte dagli organi comunitari in ossequio ai mercati finanziari stanno producendo, in gran parte dell’Unione, una recessione che pesa interamente sui ceti più deboli, provocando un aumento della povertà e della disoccupazione e una riduzione delle prestazioni dello Stato sociale. Ne risulta minato il processo di integrazione, ben prima che sul piano politico e istituzionale, nella coscienza e nel senso comune di gran parte delle popolazioni europee. L’unità del nostro continente richiede infatti lo sviluppo di un senso di appartenenza a una medesima comunità, quale solo può provenire dall’uguaglianza nei diritti, oggi smentita dalla crescente diseguaglianza tra popoli del nord e popoli del sud dell’Europa, non soltanto nei diritti sociali, garantiti ai primi e sempre meno ai secondi, ma anche nei diritti politici, essendo incomparabile il peso, ai fini del governo dell’Unione, del diritto di voto nei Paesi più ricchi e in quelli più poveri.

Proprio in questi ultimi Paesi, nei quali fu più entusiasta e pressoché unanime l’adesione all’Unione, sta perciò sviluppandosi un antieuropeismo rabbioso, che si manifesta in una crescita delle destre xenofobe e populiste, nel rifiuto dell’integrazione, nella richiesta di uscita dall’eurozona oppure, nel migliore dei casi, in una disincantata delusione. Sta così accadendo che il mercato comune e la moneta unica, che i padri costituenti dell’Europa concepirono e progettarono come fattori di unificazione, sono oggi diventati, in assenza di politiche economiche comuni e solidali, altrettanti fattori di conflitto e di divisione.

L’identità europea perciò sta cambiando natura: non più l’Europa sociale dei diritti, fino a pochi anni fa percepita in tutto il mondo come un modello di civiltà, bensì un’Europa indebolita economicamente e politicamente e in preda, di nuovo, agli egoismi nazionalistici, alle pretese egemoniche, ai populismi, ai reciproci rancori che hanno sostituito l’originario spirito unitario e impediscono ogni contributo europeo alla crescita di un vero umanesimo mondiale.

Di fronte al precipitare di questa crisi verso esiti imprevedibili e infausti, la sola alternativa, a noi, cittadini italiani e europei, appare la rifondazione costituzionale di un’Europa federale e sociale. Per questo, in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo, chiediamo a tutte le forze politiche che hanno a cuore il futuro dell’Unione di promuovere l’attribuzione di funzioni costituenti al nuovo Parlamento, quale Assemblea Costituente Europea.

Il compito di tale Parlamento costituente dovrebbe essere quello di dotare l’Unione di una Costituzione che, nel quadro delle garanzie nonché dei limiti e vincoli ai poteri, ben noti alla tradizione costituzionale europea, stabilisca l’eguaglianza nei diritti e nei doveri di tutti i cittadini europei, così realizzandone una vera unità politica. Si tratta da un lato di riprendere e finalmente portare a buon esito l’antica lotta per l’eguaglianza, irrinunciabile obiettivo non solo di ogni sinistra ma di ogni umanesimo, dall’altro di intraprendere la nuova lotta per l’inclusione politica economica e sociale di grandi masse di popolazione oggi emarginate, scartate, tenute fuori dal lavoro, dal godimento dei beni comuni, dai confini ideali o fisici dell’Europa e dalla stessa vita.

La Carta dovrebbe disegnare altresì le istituzioni della Comunità, interdire indebite sovranità a cominciare da quelle del denaro, della finanza e dei mercati, e stabilire una gerarchia delle norme per la quale tutta la legislazione europea e gli stessi Trattati derivino la propria legittimità dalla conformità alla Costituzione e siano soggetti al controllo di costituzionalità.

Questa è la vera, nuova, grande opportunità che si apre. Non è vero che dopo la crisi dell’euro e dopo il governo Renzi non resta che il diluvio. Dopo la transizione oggi in atto in Europa e in Italia, resta da rilanciare la Costituzione, resta da passare alla democrazia.

 LE MOTIVAZIONI DEL MANIFESTO

I firmatari di questo manifesto ritengono che solo una Costituzione approvata da un Parlamento costituente può segnare il passaggio dell’Unione Europea dall’attuale dimensione internazionale alla dimensione costituzionale: quale sistema federale generato non più da Trattati, bensì da un potere politico costituente legittimato dal voto dell’intero elettorato europeo. Solo un Parlamento dotato di poteri costituenti e ugualmente rappresentativo di tutta la popolazione europea, d’altro canto, può oggi rifondare una sicura legittimazione democratica e costituzionale dell’Unione, secondo il modello degli Stati federali: con l’attribuzione di funzioni legislative a un Parlamento eletto su liste elettorali europee; con l’istituzione di un governo federale ad esso vincolato da un rapporto di fiducia o comunque eletto anch’esso su basi europee; con una banca centrale dotata dei poteri di tutte le banche centrali, una fiscalità comune e un governo comune dell’economia.

Solo una vera Costituzione europea che garantisca l’effettiva uguaglianza di tutti i cittadini europei nei diritti di libertà e nei diritti sociali e, per altro verso, la sottrazione al mercato e l’accessibilità a tutti di beni comuni o fondamentali come l’acqua, l’aria e gli altri beni vitali, può restaurare nel senso comune il sentimento di coesione e di appartenenza all’Unione e, insieme, provocare un’inversione di rotta delle politiche economiche dell’Europa: non più le politiche di rigore che finora hanno avuto il solo effetto di accrescere la disuguaglianza e di aggravare la crisi, ma politiche di sviluppo finalizzate alla piena occupazione e alla garanzia dei diritti di tutti i cittadini europei.

È evidente che fin dai primi passi di tale processo costituente il Parlamento e i governi dovranno provvedere a correggere gli accordi le direttive e le politiche che più vistosamente sono in contrasto con il progetto di un’Europa veramente civile, mediante una drastica revisione del cosiddetto fiscal compact, la cui attuazione provocherebbe un disastroso aggravamento della crisi per tutti i popoli del sud Europa a cominciare dall’Italia, dei two pack  nonché degli altri regolamenti che tolgono ogni strumento di politica economica dalle mani degli Stati. Si dovrà inoltre – come già accenna a fare una direttiva europea sugli strumenti dei mercati finanziari – porre sotto controllo pratiche speculative estreme come quelle realizzate con gli scambi ad alta velocità, i derivati non regolamentati e le borse alternative “oscure”; occorrerà, vincendo le resistenze tedesche, conferire alla Banca Centrale Europea il ruolo di prestatore di ultima istanza dell’Unione; bisognerà introdurre l’imposta sulle transazioni finanziarie, correggere gli squilibri prodotti dai movimenti di capitale, reintrodurre la divisione tra banche commerciali e banche d’investimento, impedire la stipulazione a favore delle multinazionali del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti e mettere in cantiere un grande piano europeo per il lavoro.

Per concepire e attuare riforme e politiche di questo tipo i tempi, nonostante le apparenze, sono favorevoli, e ciò per due circostanze concomitanti. La prima è la gravità stessa della crisi che persuade milioni di persone della necessità di un cambiamento radicale ai fini della stessa salvaguardia del mondo. La seconda è la comparsa inaspettata sulla scena di una critica drastica al capitalismo finanziario oggi dominante in Europa e nel mondo, che proviene, oltre che dagli economisti più illustri e indipendenti,  da una fonte del tutto estranea alla vecchia analisi marxista, ma a sua volta persuasa della possibilità e ineludibilità di un mutamento di sistema: è la critica formulata dal papa Francesco al dominio incontrollato del denaro che, come ha scritto anche ai signori dell’economia mondiale recentemente riuniti a Davos, è fatto “non per governare ma per servire”, è la sua  denuncia delle ideologie che si pongono a sostegno dell’assoluta autonomia dei mercati, della speculazione finanziaria e della società dell’esclusione e dello “scarto”, il suo rifiuto delle teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesca a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo, il suo invito a una rifondazione di sistema, finanziaria ed etica “che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti”.

Questo compito tocca naturalmente alla politica. Tenendo conto però dell’autorità della fonte da cui proviene questa istanza di cambiamento e dell’immensa platea di quanti se ne possono sentire chiamati in causa e coinvolti, si può dire che l’azione politica per un rinnovamento profondo dell’Europa e dell’ordine economico mondiale può trovare oggi, in aggiunta a quanti già in tutto il mondo hanno lottato e lottano per questi obiettivi, una ulteriore base di massa. Le elezioni europee possono essere la prima grande occasione per mettere questa possibilità alla prova.

La politica non è un gioco


di Raniero La Valle

Relazione tenuta venerdì 14 febbraio 2014 all’assemblea dei Comitati Dossetti per la Costituzione a Bologna.

Quest’assemblea era stata convocata sotto la spinta di un’urgenza per discutere della proposta di una legge elettorale incostituzionale ed illegittima.  Nel frattempo è successo di tutto, e ieri abbiamo assistito alla rimozione del governo Letta e alla candidatura di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Ma non è cambiato il tema della nostra assemblea, perché quello che è successo è successo a causa della legge elettorale. Sicché ora è ancora più chiaro che la lotta che si apre, anche per noi, intorno alla legge elettorale, non è una lotta su uno strumento o una modalità opinabile dei meccanismi elettorali della democrazia – tanto opinabile che non  è nemmeno in Costituzione – ma è una lotta sulla democrazia, vorrei dire una lotta stantis aut cadentis rei publicae.

            Del resto i fautori del bipolarismo per via elettorale, entusiasti del progetto Renzi–Berlusconi, sostengono che non è la società a fare la legge elettorale, ma è la legge elettorale a fare la società; e il fatto che non appena conosciuto il tenore della proposta, Casini abbia deciso il suo rientro nel blocco di destra rinunciando alla prospettiva del Centro, ne viene considerata la prova.

La legge elettorale è stata la grande protagonista della giornata di ieri, una giornata che molti hanno vissuto come un’umiliazione della politica, ridotta ad un gioco delle tre carte. In realtà in tutto il corso della crisi si è giocato con tre carte, e anzi con quattro, perché una era nascosta. Tre infatti erano i candidati alle primarie per la segreteria del PD, ma la carta nascosta era che il vero obiettivo non stava al Nazareno ma a Palazzo Chigi. Tre erano i modelli elettorali offerti da Renzi, ma la carta nascosta era quella che aveva in mano Berlusconi. Tre erano le strade indicate nei giorni scorsi dal segretario del PD per uscire dalla crisi, un Letta rimpastato per diciotto mesi, le elezioni, o un nuovo governo per tutta la legislatura (ipotesi però scartata da Renzi) e la carta che è uscita è stato il Renzi di legislatura. Tre erano le riforme da fare, la legge elettorale, il risparmio di un miliardo di euro per il Senato e la riforma del Titolo V, e qui la vera carta nascosta è quella del presidenzialismo. Continua a leggere

Proposte sul Senato di Tocci e Dogliani

Due proposte per la riforma (non la soppressione) del Senato

Nuovo bicameralismo: al Senato le garanzie, alla Camera il governo

di Walter Tocci

Il dibattito sul bicameralismo parte molto male. Come succede spesso nel discorso pubblico italiano si cercano risposte corrette a domande sbagliate. Come è accaduto in tutte le modifiche costituzionali della Seconda Repubblica si rischia di peggiorare, anziché riformare, l’assetto istituzionale. Occorrono almeno tre passi indietro per ripartire in una prospettiva diversa.

TRE PASSI INDIETRO

Plebeismo costituzionale

Per ridurre i costi della politica i senatori non verrebbero più eletti dal popolo ma nominati dai consiglieri regionali e scelti tra gli stessi consiglieri. La proposta esalta il ruolo di questa parte della classe politica che è la più lontana dal controllo sia dell’opinione pubblica nazionale sia della partecipazione municipale. Si ottiene così un risultato paradossale: per combattere la Casta si affida esclusivamente al ceto politico la nomina dei membri del Senato. Con un messaggio chiaro. Vale tanto poco la Camera alta da diventare una sorta di “dopolavoro” di politici che dovrebbero essere già molto impegnati nella cura dei rispettivi territori. Poi è inutile lamentarsi dei tanti incarichi dei Mastrapasqua di turno.

Altro che riforma, questo è un “plebeismo costituzionale” che arriva a degradare il modello istituzionale per offrire una finta risposta alla seria questione della Casta. Oltretutto è una soluzione inutile, poiché sono disponibili strumenti più diretti e più semplici per ridurre i costi della politica. Basta diminuire il numero dei  parlamentari. E si possono dimezzare gli emolumenti – come proposi alla prima assemblea dei Gruppi all’inizio della legislatura – eliminando le risorse che i parlamentari devolvono al finanziamento dei partiti e ai servizi di gestione del mandato sul territorio. Rimuovere questa impropria partita di giro consente di uscire dall’attuale anomalia di emolumenti più alti e costi dei servizi più bassi rispetto ai parlamenti europei. Continua a leggere

L’ASSEMBLEA DEI COMITATI DOSSETTI PER UN RITORNO ALLA SERIETÀ E ALLA DIGNITÀ DELLA POLITICA

                                       –          La legge elettorale in discussione distruttiva della democrazia –

L’assemblea dei Comitati Dossetti per la Costituzione tenutasi il 14 febbraio a Bologna nella Sala del Convento di San Domenico ha giudicato con severità gli avvenimenti culminati nella rimozione del governo Letta, ravvisandovi una caduta della politica nel gioco delle intenzioni coperte, delle promesse ingannevoli e delle improvvisazioni inspiegabili.

L’assemblea, apertasi con le relazioni del presidente dei Comitati Raniero La Valle e del prof. Mario Dogliani dell’università di Torino, e presieduta dall’avv. Francesco Di Matteo, ha rivolto alle forze parlamentari e in particolare al Partito Democratico un appello per il ritorno alla serietà della politica. Non si può togliere dignità alla politica quando attraverso di essa per molti passa l’alternativa tra la felicità e la disperazione, quando alla politica sono legate decisioni di vita o di morte per popoli interi e quando molti si impegnano in politica per altissime ragioni di carità e di giustizia.  Il gran numero di persone presenti all’assemblea testimoniava quale fosse il livello di preoccupazione che gli ultimi avvenimenti hanno indotto nei cittadini.

L’assemblea ha chiesto il ritiro della proposta di legge elettorale in discussione alla Camera, considerandola incostituzionale e illegittima, anche alla luce della recente sentenza della Corte. Essa confligge sia con la finalità di dare una vera rappresentanza parlamentare al Paese, sia con quella della “governabilità”, comprime il pluralismo politico, è funzionale al perdurare dell’arbitrio dei poteri economici e  finanziari e sarebbe distruttiva della stessa democrazia.

L’assemblea ha poi denunciato la contraddizione, incomprensibile per i cittadini e offensiva per la magistratura, di una persona  interdetta con sentenza definitiva dai pubblici uffici, che in un ufficio pubblico come il Quirinale è consultato per la formazione di un governo, ed ha respinto l’idea di una riforma costituzionale che parta dal presupposto che il Senato sia un ente inutile e perciò inutilmente costoso. L’assemblea ha invece sollecitato nuovi studi e proposte per una riforma del Senato della Repubblica che, fuori del circuito della fiducia tra Parlamento e governo, sia eletto con la proporzionale e sia configurato come la Camera delle garanzie, dell’alta codificazione, del concorso alla legislazione costituzionale e del raccordo tra Stato e regioni, nella linea delle ipotesi formulate dal prof. Dogliani e dal sen. Walter Tocci.

L’assemblea ha infine rivolto un pressante invito al Partito Democratico perché, a partire dall’esigenza di salvare la democrazia nel nostro Paese,  rimetta in discussione le sue proposte di legge elettorale e di riforme costituzionali e voglia anche ripensare se stesso. Un principio di dialogo si è instaurato in proposito nel corso della stessa assemblea con esponenti autorevoli di tale partito; i Comitati Dossetti per parte loro hanno avanzato la loro disponibilità a continuare tale dialogo per uno scambio di valutazioni e prospettive sul piano giuridico, culturale e politico.

COMITATI DOSSETTI PER LA COSTITUZIONE – Assemblea pubblica contro la violenza della riforma elettorale

Venerdì 14 febbraio 2014 ore 17.00

Bologna Convento di San Domenico – Piazza San Domenico .

UN COLPO DI RENI PER IL FUTURO DELLA REPUBBLICA

I Comitati Dossetti per la Costituzione agiscono sotto la propria responsabilità e mai hanno preteso che le proprie posizioni fossero quelle che se fosse stato in vita avrebbe preso Giuseppe Dossetti. Ma oggi sono certi che il proprio Fondatore avrebbe lanciato un grido di allarme sulla violenza che si sta innescando nel corpo politico italiano, e di cui sono stati preannuncio gli avvenimenti di questi giorni. Il fatto che la violenza si sia finora manifestata solo in parole di pesantissima volgarità e sessismo, in momenti di rissa parlamentare, nonché in atti istituzionali e in proposte legislative, non significa che essa sia meno grave e pericolosa di quella cruenta: “voi credete di ritardare il giorno fatale e affrettate il sopravvento della violenza” (Amos, 6,3).
È un innesco della violenza anche quello comportato dal progetto della nuova legge elettorale che se realizzato muterebbe la figura stessa della Repubblica: per suo mezzo infatti la Repubblica democratica istituita dalla Costituzione rischia di trasformarsi in una democrazia “octroyée”, concessa cioè dalle forze dominanti nei limiti in cui venga considerata compatibile con la sovranità dei poteri economici e l’impunità del denaro.
In questa situazione ciò che soprattutto oggi Dossetti chiederebbe a tutti è la lucidità dell’analisi.
Il rischio della trasformazione della democrazia della Costituzione in democrazia per concessione è ravvisabile nella facoltà attribuitasi dagli autori della riforma elettorale di decidere quanti e quali debbano essere i partiti ammessi a essere rappresentati nelle Assemblee legislative e a giocare il gioco della governabilità. Secondo la legge proposta da Renzi e Berlusconi, a parte la Lega e le minoranze linguistiche fatte salve come fenomeni di ambito locale, per effetto degli sbarramenti eretti contro singole liste e coalizioni (dal 4,5 all’8 al 12 per cento, pari a diversi milioni di voti), i partiti che resterebbero in gioco sarebbero tre: Forza Italia, Partito Democratico e Movimento 5 stelle. Tuttavia per il suo settarismo, la sua immaturità e il suo autolesionismo il Movimento di Grillo si pone fuori dal sistema proponendosi come sua alternativa catartica; e poiché l’occasione è subito colta dai suoi avversari per neutralizzare la sua critica e convenire di escluderlo da ogni ingerenza nel potere, i partiti atti a governare resterebbero due, Forza Italia e Partito Democratico.
Saremmo dunque ben oltre il bipolarismo, al bipartitismo; ma si tratterebbe di un bipartitismo imperfetto perché a causa dell’alto premio di maggioranza i due partiti, al primo turno o al ballottaggio, entrambi in condizione di minoranza e prevedibilmente non lontani l’uno dall’altro, diventerebbero per legge l’uno un nano, l’altro un gigante. Ma il nano, pur nella sua diversità di stile e di opzioni etiche, non potrebbe che svolgere un’opposizione apparente, di fatto funzionale alle scelte politiche della forza di governo a cominciare da quelle che, rese obbligatorie dall’ideologia economica o dai poteri di Bruxelles e di Berlino, sarebbero, come già oggi, comuni.
Quale dei due partiti assumerebbe le funzioni di governo nella condizione, così costruita, di un sostanziale monopartitismo, cioè di un partito unico al comando?
In seguito all’accordo elettorale stipulato al Nazareno si è già creato uno squilibrio. Le forze affini alla destra, a cominciare dalla scelta di campo di Casini e di altri “centristi”, si uniranno in un solo fascio, con o senza sbarramento, a differenza delle forze di sinistra che rimarranno divise. Venuto meno il rigetto provocato dalla persona di Berlusconi, altre forze e personalità rispettabili confluiranno in una destra sentita come conforme alla cultura d’ordinanza, alle leggi economiche, al palcoscenico mediatico e alla volontà dei mercati. Ciò a cui la nuova legge elettorale è funzionale – salvo un colpo di reni oggi non ancora prevedibile – è perciò la formazione e il successo di una Grande Destra che si collegherebbe a una lunga tradizione italiana – liberismo più trasformismo – interrotta solo dalla fase dell’intransigentismo sturziano, della proporzionale e dei partiti popolari di massa, e poi superata nella Repubblica democratica dopo la tragica esperienza del fascismo. Ma questa destra, raggiunta dalle nuove forme di intolleranze, di xenofobia e di razzismi, sarebbe molto diversa e ben più pesante di quella conosciuta sotto l’antico rivestimento liberale.
Conclusa la parentesi berlusconiana, si avrebbe così, con il sopravvento in tal modo predisposto per legge di questa Grande Destra, la ristrutturazione di tutto il sistema politico italiano, e verrebbe così a concludersi il ciclo apertosi con la rimozione del muro di Berlino, la Bolognina, il messaggio di congedo di Cossiga dalla Costituzione del 1991 e la discesa in campo del concessionario televisivo di Arcore nel ’94. La pretesa “transizione” italiana, postmoderna postcastale e postpolitica, verrebbe a finire in una democrazia filtrata e controllata, la democrazia governante si trasformerebbe in democrazia non responsabile verso le istanze interne e succube di poteri esterni, e il campo della competizione democratica si trasformerebbe in un campo chiuso ai competitori. Infine la democrazia si trasformerebbe in una democrazia triste, perché le elezioni nei sistemi in cui tutti possono partecipare e tutto sembra poter cominciare di nuovo, sono anche una celebrazione e una festa, mentre se si mutano in un rito misantropo di esclusione di ogni possibile novità e del diritto di rappresentanza di milioni di cittadini, diventano il luogo in cui anche il volto di un comico si tramuta in una maschera tragica, il luogo di una lugubre notificazione del sequestro del futuro e dell’esproprio delle garanzie democratiche.
Questo processo di manomissione politica e costituzionale tuttavia non si è ancora perfezionato. Perché non si realizzi sono necessario almeno quattro cose.
1) È necessario che il Partito Democratico, proprio nel momento in cui Alfano insiste, col pretesto della stabilità di governo, per stringerlo a sé in un abbraccio mortale, si liberi da questa stretta, riacquisti la sua autonomia politica e ideale e ricordi le speranze che era stato in grado di suscitare. È necessario che resista all’omologazione nel pensiero unico del regime economico-finanziario imperante e alla sua “ideologia dell’indifferenza” rispetto ai bisogni e ai diritti umani di tutti e soprattutto dei poveri. È necessario che respinga la democrazia concessa ai pochi e negata ai molti, e prenda la testa di un movimento per la riforma costituente dell’Unione europea in funzione dell’attuazione dei diritti e delle garanzie costituzionali per il pieno sviluppo delle persone e dei popoli.
2) È necessario che il Movimento 5 stelle, anche per rispetto dei suoi 8 milioni di elettori, converta le sue posizioni e la sua immagine pubblica evitando di cadere e anche di essere spinto nel buco nero della pubblica riprovazione e della irrilevanza politica.
3) È necessario che, comunque venga modificata la legge elettorale in discussione, siano abolite le soglie di sbarramento, inutili e anzi dannose ai fini della “governabilità”, tagliola al pluralismo politico, impedimento a ogni invenzione possibile e insidia per gli stessi grandi partiti costretti a presentarsi in listoni male assortiti e sinistramente allusivi al listone della legge Acerbo.
4) È necessario che l’elettorato e in particolar modo l’opinione pubblica democratica e costituzionale venga a sapere e comprenda che l’ora delle scelte da cui dipende il futuro della Repubblica non è quella delle prossime elezioni politiche, ma è proprio quest’ora in cui è in corso l’iter parlamentare della legge elettorale in cui è messo in gioco lo stesso assetto istituzionale dello Stato e il carattere della sua democrazia. È questo il momento in cui l’elettorato si deve mobilitare per far sentire la sua voce a quanti oggi sono chiamati a decidere. È questo del resto l’appello originario dei Comitati Dossetti per la Costituzione, che sono nati per promuovere in ogni città paese o quartiere l’iniziativa e l’incontro dei cittadini per la difesa, l’attuazione e lo sviluppo della Costituzione.
In questo senso i Comitati Dossetti invitano aderenti e cittadini ad assumere dovunque sia possibile le opportune iniziative per affermare, in concomitanza col dibattito parlamentare e in dialogo con i parlamentari delle rispettive sedi, le ragioni della Costituzione, della democrazia e della libera rappresentanza popolare.
Per discutere e deliberare sul presente documento è convocata, con invito rivolto a tutti i cittadini, un’Assemblea pubblica a Bologna, venerdì 14 febbraio alle ore 17.00, nel Convento di San Domenico, in piazza San Domenico.
Postato da: Raniero La Valle e Luigi Ferrajoli, Presidenti dei Comitati Dossetti per la Costituzione

Parteciperanno:

Raniero La Valle, Presidente Comitati Dossetti

Luigi Ferrajoli, Vicepresidente Comitati Dossetti

Lorenza Carlassare, Università di Padova

Alfredo D’Attorre, Direzione nazionale PD

Mario Dogliani, Università di Torino

Togliatti e De Martino sulla legge truffa 08/12/1952

Togliatti e De Martino sulla legge truffa 08/12/1952

Dal dibattito parlamentare sulla “legge truffa”:  il Parlamento deve essere specchio del Paese; non si vota “per curie”.  L’insegnamento dei giuristi e delle grandi personalità liberali.